Questo articolo si legge in tre minuti e racconta degli abbonamenti a pagamento: palestre ed altro.
Che si inizia a fare con l’anno nuovo? Dieta, palestra, ordine nella gestione del proprio tempo e… un attimo! Palestra? Allora prima parliamo dello studio condotto da Stefano Della Vigna e Ulrike Malmendier e di altri studi consimili. Ciascuno di noi ci si può per certi versi ritrovare. Nel 2006 i due ricercatori, con l’articolo “Paying Not to Go to the Gym“, hanno studiato il comportamento di quasi 8.000 iscritti di una palestra, trovandolo “difficilmente conciliabile con le attitudini e le convinzioni standard“. Che me stai a di? Non io, ma i precitati Stefano ed Ulrike sono giunti ad affermare che gli abbonati alla palestra apparivano essere quanto meno distratti e svogliati rispetto a quanto ci si aspetti da chi decide di pagare unta tariffa fissa ricorrente. In sostanza questi abbonati con tariffa mensile fissa pagavano di più per ciascuna singola sessione rispetto a chi, non abbonato, semplicemente pagava ogni ingresso volta per volta. Cosa possiamo concludere? Possiamo concludere che gli abbonati semplicemente avevano un problema con l’aritmetica o, più probabilmente, avevano aspettative ottimistiche su quanto spesso sarebbero andati a sollevare pesi e a picchiare un sacco da boxe. Non finisce qui: gli abbonati mostravano la tendenza anche a far trascorrere più di due mesi tra l’ultima seduta di palestra e il momento in cui concretamente cancellavano il loro abbonamento. Conti alla mano!
“Remember that life is gym membership with a really complicated cancellation policy.” (Rudy K. Francisco, American spoken word poet and writer). Buona lettura!
Servizi in abbonamento
Nel tempo il modello di business dell’abbonamento si è espanso partendo da prodotti e servizi tradizionali (es. quotidiani e periodici, iscrizioni in palestra, software), verso ambiti nuovi come streaming, piatti dietetici pronti, kit da barba e per il trucco, servizi nell’ambito della scrittura e della comunicazione. Cito a tale ultimo proposito Substack, la start-up nata nel 2017 che offre servizi per la gestione avanzata di newsletter che ha attirato scrittori importanti come George Saunders e Salman Rushdie. Nel giro di un anno, l’azienda ha trasformato la missione di aiutare gli scrittori a raggiungere il pubblico che li apprezza in una piattaforma con 25.000 abbonati paganti. Oggi l’azienda vanta:
Altro numero notevole riguarda i primi 10 autori di Substack che guadagnano –complessivamente- oltre 20 milioni di dollari all’anno.
Economia comportamentale
Se è oggettivo che così tante persone pagano per non andare in palestra, chiediamoci: cos’altro stiamo pagando e non utilizziamo? Trovo interessante lo studio degli economisti Liran Einav, Benjamin Klopack e Neale Mahoney. Utilizzando i dati di un fornitore di carte di credito e debito, questi esaminano cosa succede agli abbonamenti per 10 servizi popolari quando la carta che li paga viene sostituita. In questo momento, il fornitore di servizi smette improvvisamente di essere pagato e deve contattare il cliente per chiedere di ricevere l’aggiornamento degli estremi di pagamento (es. nuova carta di credito ovvero nuovo IBAN). Cosa succede a questo punto? Per numerosi utenti abbonati questa richiesta ricorda loro di un abbonamento al quale avevano smesso di pensare e sono subito spinti a cancellarlo! Lo studio evidenza che i tassi di cancellazione salgono nei mesi in cui viene sostituita una carta di pagamento dal 2% all’8%. Einav, Klopack e Mahoney hanno utilizzato questi dati per stimare quanto facilmente numerose persone prima dimenticano e poi abbandonano i vecchi abbonamenti. Non mi avventuro sui calcoli riguardanti i mesi necessari per ottenere effettivamente la cancellazione richiesta, mediamente andiamo oltre l’anno.
Prezzo poco visibile
Nelle strategie di pricing, l’abbonamento è diventato l’opzione preferita dalle aziende. Ad esempio, imprese come Netflix, Amazon, Google, tendono a venderci servizi in abbonamento, il cui prezzo è un corrispettivo mensile fisso, apparentemente contenuto. Difatti Netflix nelle proposte di abbonamento (listino prezzi aggiornato a ottobre 2023) non evidenzierà mai che il suo piano Premium costa € 216 all’anno ma che l’abbonamento costa € 17,99 al mese. Il numero più piccolo della tariffa mensile ci tocca di meno e ci spinge più facilmente a concludere l’acquisto. Il consumatore medio nella vita quotidiana sogna un supermercato con la corsia senza casse oppure l’autostrada con i caselli spalancati. Il predetto consumatore medio vorrebbe distrarsi e lasciare il ristorante prima dell’arrivo del conto. Avete notato? Negli Apple Store del mondo i registratori di cassa non sono visibili. L’occhio non vede, il portafoglio si apre.
Libro del mese – gennaio 2024: Misbehaving. La nascita dell’economia comportamentale di Richard H. Thaler – Einaudi, 2018.
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Emilio Meneghella
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